La Società Italiana di Pneumologia/Italian Respiratory Society e la Società Italiana di Terapia Antinfettiva lanciano un appello per promuovere con decisione le vaccinazioni antinfluenzale e contro lo pneumococco, soprattutto tra i soggetti fragili e anziani.
È inverno, non esiste solo COVID-19 e non si deve parlare solo della dose booster del vaccino contro SARS-CoV-2. È questo il messaggio lanciato dalla Società Italiana di Pneumologia/Italian Respiratory Society (SIP/IRS) e dalla Società Italiana di Terapia Antinfettiva (SITA) che insieme ricordano l’importanza delle vaccinazioni anti-influenzale e contro lo pneumococco, soprattutto tra i soggetti fragili e anziani. L’appello congiunto delle due società, pubblicato su Respiratory Medicine, per potenziare, oltre a quella contro COVID-19, anche le altre campagne di vaccinazione si basa su una serie di considerazioni condivise: l’influenza stagionale e la malattia pneumococcica sono malattie prevenibili che causano ancora una significativa morbilità e mortalità, le coinfezioni con virus influenzali o batteriche da Streptococcus pneumoniae sono riscontrate in pazienti COVID-19 e potrebbero avere un impatto negativo sull’esito clinico, infine, la prevenzione dei ricoveri ospedalieri per influenza e per pneumococco potrebbe contribuire a ridurre il carico aggiuntivo per i sistemi sanitari e a risparmiare risorse sanitarie.
Le due Società scientifiche raccomandano quindi uno sforzo per fornire la vaccinazione antinfluenzale alla popolazione generale con particolare attenzione ai gruppi ad alto rischio e agli anziani, parallelamente a un forte miglioramento della copertura vaccinale pneumococcica per questi stessi gruppi di pazienti. Le autorità nazionali e regionali e le parti interessate dovrebbero promuovere ampie campagne di vaccinazione e garantire un’adeguata disponibilità e strutture adeguate alla somministrazione dei vaccini.
“Studi recenti evidenziano come la vaccinazione anti-influenzale e anti-pneumococcica riducano significativamente il rischio di acquisire l’infezione da SARS-CoV-2, in particolare nei soggetti di età superiore ai 60 anni – dichiara Francesco Blasi, Professore ordinario di Medicina respiratoria al dipartimento di Fisiopatologia e Trapianti dell’Università degli Studi di Milano, membro SIP/IRS – Questo effetto potrebbe essere legato a una maggiore propensione dei soggetti che si vaccinano ad osservare le misure di prevenzione delle infezioni ma soprattutto ad una stimolazione da parte dei vaccini della immunità innata che si ipotizza possa indurre un effetto sinergico di protezione dei vaccini anti-influenzale e anti-pneumococcico nei confronti della acquisizione dell’infezione da SARS-CoV-2”.
I dati traslazionali sulla MERS suggeriscono che le coinfezioni possono aumentare l’infettività di SARS-CoV-2, contribuendo all’infiammazione polmonare, all’evoluzione della polmonite e alla gravità della malattia durante la risposta immunologica. Per quanto riguarda la malattia grave, l’associazione tra SARS-CoV-2 ed altri virus è stata segnalata fino al 35% dei pazienti gravi, includendo virus influenzali e principalmente l’influenza di tipo A.
In una serie di studi osservazionali prospettici condotti in tutta Europa, la coinfezione batterica da Streptococcus pneumoniae è risultata la più frequente tra i pazienti COVID-19, seguita da Klebsiella pneumoniae e Haemophilus influenzae. Nello specifico, i pazienti COVID-19 affetti da super-infezioni acquisite in ospedale hanno mostrato outcome peggiori rispetto ai pazienti senza infezione batterica.
“Non bisogna fermarsi alla vaccinazione contro COVID-19, per quanto fondamentale in questo momento – dichiara Matteo Bassetti, Professore ordinario di Malattie infettive e Direttore della Clinica Malattie Infettive, Ospedale San Martino di Genova, Presidente della SITA – ma è necessario promuovere anche la vaccinazione anti-influenzale e anti-pneumococcica: SITA e SIP/IRS vogliono rafforzare questo messaggio, incentivando la popolazione ad attenzionare e non sottovalutare l’influenza stagionale e la malattia pneumococcica, perché non esiste solo il COVID-19 e queste patologie già prima della pandemia costituivano una minaccia importante soprattutto per la salute delle persone più fragili. L’invito rivolto a tutta la popolazione, ma soprattutto alle categorie fragili, è quello di vaccinarsi al più presto, possibilmente entro i mesi di novembre e dicembre”.
Una metanalisi di sedici studi osservazionali che hanno coinvolto oltre 290.000 partecipanti ha rilevato che la precedente esposizione alla vaccinazione antinfluenzale rappresentava un fattore protettivo indipendente contro il rischio di infezione da SARS-CoV-2, specialmente nei pazienti di età superiore ai 60 anni. Tuttavia, non si può escludere un possibile effetto dei vaccini virali nell’induzione di un’attivazione non specifica dell’immunità innata.
Anche la vaccinazione pneumococcica è stata associata a una riduzione del rischio di infezione da SARS-CoV-2. L’analisi dei dati regionali statunitensi e italiani ha confermato questi risultati dimostrando che il tasso di vaccinazione antinfluenzale negli adulti in età superiore ai 65 anni, in combinazione con il tasso di vaccinazione pneumococcica, ha fornito una protezione significativamente più elevata contro il rischio di COVID-19 rispetto ai singoli vaccini.
Dati dell’Organizzazione mondiale della sanità mostrano come le epidemie di influenza stagionale impattino in modo importante sui sistemi sanitari provocando una mortalità considerevole con stime di 250.000 – 500.000 morti all’anno. A sua volta, Streptococcus pneumoniae è anch’esso una causa rilevante di mortalità in tutto il mondo, provocando 1,6 milioni di decessi ogni anno. In Italia, tra il 2007 e il 2017, sono stati notificati più di 10.000 casi di malattia pneumococcica invasiva (IPD) con la più alta incidenza e un trend in aumento tra gli individui di età pari o superiore a 65 anni. Nonostante il trattamento appropriato, la mortalità correlata alla IPD è stata riportata fino al 10-25% dei pazienti. Tuttavia, la copertura vaccinale anti-pneumococcica ha ancora tassi bassi in molti Paesi, inclusa l’Italia, dove il totale cumulativo non supera il 24-30%.
Infine, è degno di nota considerare che le coinfezioni, sia da influenza che da batteri comuni incluso Streptococcus pneumoniae, hanno rappresentato fino al 10% dei casi comportando un aumento significativo del rischio di outcome sfavorevole, specialmente tra gli individui più anziani.
Ultimo aggiornamento: 23 Settembre 2022
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