Studi recenti concordano nel ritenere altamente probabile che lo spillover all’origine della pandemia sia avvenuto nel mercato di Wuhan e che l’animale che ha trasmesso SARS-CoV-2 all’uomo potrebbe essere un procione.
Tre studi attualmente in preprint rivelano nuovi interessanti indizi su come è iniziata la pandemia di COVID-19: due di questi ne fanno risalire l'origine al mercato di Huanan, a Wuhan (1,2), e un terzo lavoro suggerisce che il salto di specie di SARS-CoV-2 sia avvenuto almeno due volte tra novembre e dicembre 2019 (3).
I tre studi sembrano quindi confermare i sospetti iniziali circa l’origine della pandemia escludendo l’ipotesi della fuga del coronavirus dai laboratori dell’Istituto di Virologia di Wuhan. Tutte e tre le ricerche si basano sulle analisi genetiche di campioni raccolti all’interno del mercato e dalle persone infette tra dicembre 2019 e gennaio 2020 oltre che sui dati di geolocalizzazione che ricostruiscono gli spostamenti dei primi casi di COVID-19. I risultati combinati, se confermati, condurrebbero alle zone del mercato dove venivano venduti animali vivi.
Kristian Andersen, virologo presso lo Scripps Research Institute di La Jolla, California, e co-autore di due dei tre studi, è convinto dell’origine animale del virus e sottolinea quanto questa situazione presenti analogie con l’epidemia di sindrome respiratoria acuta grave (SARS) del 2002-2004 (2).
Secondo Andersen e colleghi, epicentro della pandemia sarebbe l’area sud-ovest del mercato, dove venivano venduti animali vivi (2). I ricercatori sono giunti a questa conclusione dopo aver analizzato i dati relativi ai primi casi di COVID-19 in Cina provenienti da diverse fonti, i rapporti dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), articoli di giornale e registrazioni audio-video di medici e pazienti di Wuhan. Da questa analisi sono risultati 156 casi risalenti a dicembre 2019 tutti riconducibili alla zona circoscritta al mercato, e contagi che progressivamente si sono registrati in altre aree della città tra gennaio e febbraio 2020 (2). Andersen e colleghi ritengono altamente probabile che il mercato sia stato teatro di due distinti spillover che abbiano dato origine a due ceppi geneticamente diversi, quello A e quello B. Dato che il ceppo B era diventato prevalente nel gennaio 2020, gli autori suggeriscono che questa versione del virus sia passata agli esseri umani prima del ceppo A (2).
I ricercatori ipotizzano che i procioni potrebbero essersi infettati in una fattoria prima di essere venduti al mercato di Wuhan a novembre o dicembre 2019 e che da lì il virus sia poi passato a qualche venditore o acquirente. Questo salto di specie potrebbe essere avvenuto almeno due volte a distanza di poco tempo l’una dall’altra (2).
Anche Michael Worobey, virologo dell'Università dell'Arizona, a Tucson, e coautore di due dei tre lavori appena usciti (2,3), che lo scorso maggio aveva firmato su Science un articolo (4) a sostegno dell’ipotesi della fuga del virus dal laboratorio dell’Istituto di Virologia di Wuhan, oggi ritiene che il mercato di Huanan rappresenti il probabile epicentro della pandemia.
Vincent Munster, virologo presso i Rocky Mountain Laboratories, una divisione del National Institutes of Health di Hamilton, nel Montana, afferma invece che nonostante tutte le prove conducano al mercato, non può dirsi completamente convinto dei due eventi di spillover: in alternativa, il virus potrebbe essersi evoluto da un lignaggio all'altro all'interno di una persona immunocompromessa.
Altri scienziati però, secondo quanto riportato da Nature, sostengono che i risultati di questi studi non escludono altre ipotesi sul “ground zero” della pandemia: potrebbe cioè darsi che il mercato abbia contribuito in modo sostanziale alla diffusione di SARS-CoV-2, senza necessariamente essere il punto da cui tutto è partito.
Neppure il recente rapporto dell’OMS presenta dati certi al riguardo, limitandosi a descrivere una serie di scenari possibili, alcuni più probabili di altri. Ancora una volta, il mercato di Wuhan rappresenta una delle ipotesi più consistenti, ma non l’unica.
Eddie Holmes, virologo dell’Università di Sidney, teme che la prova in grado di chiudere definitivamente l’indagine sull’origine della pandemia non arriverà mai. Sono ancora attesi, ad esempio, i risultati delle analisi annunciate dai funzionari cinesi sui campioni di sangue dei pazienti del 2019, conservati presso il Wuhan Blood Center, sebbene non si sappia con certezza se quello studio sia mai stato effettuato.
“Quanto abbiamo, è il meglio che si possa ottenere. Quello su cui dovremmo concentrarci ora è cercare di impedire che questi eventi possano ripetersi” conclude Holmes.
Ultimo aggiornamento: 23 Settembre 2022
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