Il ruolo della corretta nutrizione e di uno stile di vita sano...
L’incidenza dell’osteoporosi e le fratture da fragilità ad...
Il ruolo della corretta nutrizione e di uno stile di vita sano nella prevenzione delle patologie del metabolismo osseo
L’incidenza dell’osteoporosi e le fratture da fragilità ad essa correlate aumentano con l’aumentare dell’età fino a colpire una donna su tre e un uomo su cinque nell’arco della vita. Uno stile di vita sano, una dieta equilibrata ed una regolare attività fisica sono gli elementi essenziali per mantenere uno scheletro sano durante l’età adulta.
L’incidenza dell’osteoporosi e le fratture da fragilità ad essa correlate aumentano con l’aumentare dell’età fino a colpire una donna su tre e un uomo su cinque nell’arco della vita. Dopo la menopausa le donne vanno incontro a una rapida perdita ossea causata dalla mancanza dell’azione protettiva degli estrogeni (1), mentre negli uomini la perdita ossea tende ad accelerare dopo i 70 anni (2).
Sebbene l’osteoporosi colpisca soprattutto gli anziani, i comportamenti e le decisioni prese nel corso della vita possono contribuire notevolmente al rischio che un individuo possa subire una frattura da fragilità. L’osteoporosi può infatti essere prevenuta, diagnosticata e trattata per ridurre il rischio di incorrere in una frattura.
Uno stile di vita sano, una dieta equilibrata ed una regolare attività fisica sono gli elementi essenziali per mantenere uno scheletro sano durante l’età adulta.
I componenti chiave di una dieta sana per l’osso
A tutte le età, il calcio ha un ruolo fondamentale nella salute delle ossa. Il calcio viene assorbito nell’intestino tenue sia passivamente sia da un meccanismo di trasporto attivo che necessita della vitamina D. Oltre alla mineralizzazione dello scheletro, il calcio gioca un ruolo determinante nel funzionamento del sistema nervoso e muscolare.
Un insufficiente apporto di calcio con la dieta si traduce in bassi livelli di calcio nel sangue. Quando ciò si verifica si avvia un meccanismo di compensazione altamente efficace.
I recettori sensibili al calcio (CaSR), situati sulle ghiandole paratiroidi, agiscono come sensori estremamente precisi dei livelli di calcio nel sangue (3).
Quando il calcio nel sangue è troppo basso, viene rilasciato il paratormone (PTH), che aumenta i livelli attraverso diversi meccanismi:
- stimolazione degli osteoclasti per riassorbire l’osso e rilasciare calcio tramite l’azione sugli osteoblasti
- aumento dell’assorbimento del calcio gastrointestinale attivando la vitamina D
- riassorbimento di calcio dai reni
Latte e altri latticini sono le fonti di calcio più prontamente disponibili nella dieta. Altri alimenti sono buone fonti di calcio, come alcuni ortaggi verdi (ad esempio broccoli, cavolo riccio, cavolo cinese), pesce in scatola, frutta secca a guscio e tofu.
Anche alcune acque ricche di sali minerali, ovvero quelle con un residuo fisso molto elevato, possono fornire un prezioso apporto di calcio, che può risultare particolarmente utile specie per le persone intolleranti al lattosio. È quindi importante che coloro che scelgono di ottenere dall’acqua una quota del calcio nella loro dieta conoscano con precisione la quantità di calcio contenuta nell’acqua bevuta.
Non basta integrare il proprio regime alimentare con alimenti ricchi di calcio, bisogna anche adottare alcuni accorgimenti per assimilare meglio questo fondamentale micronutriente ed evitare gli errori che ne provocano la dispersione come la combinazione con alcuni alimenti, il consumo eccessivo di sale e cibi ricchi di sodio e l’assunzione di alcol.
La vitamina D ha un effetto benefico sulla salute delle ossa nel corso della vita, operando attraverso una serie di meccanismi fisiologici:
- facilitare l’assorbimento nell’intestino del calcio assunto con il cibo (4)
- garantire il corretto rinnovamento e la mineralizzazione delle ossa (5)
- ridurre i livelli di PTH in modo da ridurre la perdita ossea indotta dal PTH (6, 7)
- aumentare la densità minerale ossea (BMD) (8)
- stimolare la produzione di tessuto muscolare e ridurre di conseguenza il rischio di cadute (9, 10).
La fonte primaria di vitamina D proviene dall’esposizione al sole, ma l’insufficienza di vitamina D è oggi diventata un problema globale a causa di alcuni fattori come il trascorre la maggior parte del tempo all’interno di ambienti chiusi. Pochissimi alimenti sono naturalmente ricchi di vitamina D, ma esistono alcune discrete fonti come il tuorlo d’uovo ed alcuni pesci grassi. Il fabbisogno giornaliero di vitamina D varia in base all’età ed al sesso di appartenenza ed è compreso tra le 400 unità al giorno in assenza di fattori di rischio e le 1.000 unità al giorno in presenza di fattori di rischio o deficit (11).
I principali fattori che possono influenzare lo stato vitaminico D comprendono l’intensa pigmentazione cutanea, la percentuale di cute esposta al sole, la stagionalità, la latitudine, l’applicazione di filtri solari, il tempo di irradiazione, l’età, l’obesità, l’utilizzo di alcuni trattamenti farmacologici.
Conseguenze della ipovitaminosi D
Da una carenza di vitamina D consegue un anomalo assorbimento del calcio. Le ossa diventano più fragili (osteomalacia) ed il paziente va incontro al rischio di deformazioni scheletriche, problemi alle articolazioni, osteoporosi ed aumentata probabilità di fratture. Nei bambini il deficit di vitamina D può portare allo sviluppo di rachitismo durante la crescita e provocare una ossificazione incompleta con effetti negativi a lungo termine come l’alterazione dei processi di acquisizione del picco di massa ossea e l’aumento del rischio di osteoporosi in età adulta.
Nei giovani adulti e negli anziani la persistenza di uno stato carenziale di vitamina D può invece determinare osteomalacia e contribuire alla patogenesi dell’osteoporosi. Inoltre l’ipovitaminosi D può rappresentare la causa più comune di mancata risposta alla terapia farmacologica dell’osteoporosi. Numerosi contributi scientifici hanno inoltre descritto una diffusa condizione di ipovitaminosi D anche nei pazienti affetti da molte altre patologie tra cui quelle reumatiche, quelle dermatologicamente estese e quelle del sistema immunitario.
Sebbene la vitamina D sia classicamente definita come “vitamina dell’osso”, quindi principalmente coinvolta nell’omeostasi fosfo-calcica e nel metabolismo osseo, essa riveste una funzione importante anche a livello muscolare nella sintesi proteica e nella regolazione della muscolatura scheletrica. Un sintomo clinico comune dell’ipovitaminosi D è la mialgia. Dati recenti riferiscono che la carenza di vitamina D aumenta lo stress ossidativo e altera l'attività degli enzimi antiossidanti nel muscolo scheletrico, portando ad un aumento dei radicali liberi dell’ossigeno (ROS). In generale, la carenza di vitamina D a lungo termine, induce alterazioni del recettore della vitamina D (VDR) a livello muscolare, con generazione di ROS e di conseguenza alterazione della funzione mitocondriale, che a sua volta porta ad atrofia muscolare. In particolare, le disfunzioni della catena respiratoria mitocondriale e la generazione di ROS, sono fattori cruciali in diverse patologie, soprattutto quelle neurodegenerative in cui si osserva l'atrofia muscolare (12).
Ipovitaminosi D: i rimedi
L’esposizione alla luce solare è fondamentale per soddisfare il fabbisogno di vitamina D.
Negli anziani, che escono poco e spesso sono molto coperti, possono essere indicati supplementi di questo ormone. Modeste quantità di vitamina D si trovano nei seguenti alimenti: salmone, sardine, sgombro, tonno, olio di fegato di merluzzo, funghi Shiitake, fegato, tuorlo d’uovo.
Mentre per la carenza di vitamina D non è raccomandato uno screening della popolazione, la misurazione della 25(OH)D nel siero dei soggetti ad alto rischio consente la valutazione della risposta all’assunzione di supplementi di vitamina D e l’eventuale necessità di aggiustamento della dose (13).
Negli ultimi anni, il consumo di vitamina D in Italia è notevolmente aumentato. La spesa è cresciuta dai 24 milioni di euro del 2006 a oltre 208 milioni nel 2016. Nel 2016, il colecalciferolo, che rappresentava l’88% dell’utilizzo di vitamina D, era al 6° posto tra i principi attivi a maggiore spesa, mentre era al 63° posto nel 2012 (Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali. L’uso dei farmaci in Italia. Rapporto Nazionale 2016. Roma: Agenzia Italiana del Farmaco; 2017.).
Nel 2018 una revisione delle linee guida e delle raccomandazioni a livello nazionale e internazionale ha valutato l’appropriatezza dell’aumento del consumo di vitamina D nella popolazione italiana rispetto alle evidenze disponibili. Il gruppo di lavoro è giunto alla conclusione che brevi sessioni di esposizione alla luce solare (~15 minuti 3 volte a settimana) di braccia, viso e collo scoperti sarebbero sufficienti ad assicurare livelli sierici ≥20ng/mL in Paesi alle latitudini del Regno Unito. Laddove i livelli di vitamina D circolante configurino una reale carenza, in pazienti con osteoporosi documentata o con pregresse fratture patologiche e in particolari gruppi a rischio, come gli anziani istituzionalizzati, dovrebbe permanere l’indicazione per la somministrazione del pro-ormone.
Anche praticare una regolare attività fisica è fondamentale per il buon mantenimento della funzione e della struttura ossea. Durante l’infanzia e l’adolescenza l’esercizio fisico aiuta a raggiungere una maggiore densità dell’osso rispetto a chi rimane inattivo. Nelle persone anziane mantenersi in movimento durante la giornata, naturalmente in base allo stato fisico ed alle singole possibilità, apporta benefici sia da un punto di vista metabolico che funzionale, permettendo di controllare il peso e la massa muscolare e diminuendo i rischi di cadute e fratture. Si possono praticare semplici attività all’aria aperta come passeggiate, consentendo così all’organismo di esporsi al sole per favorire l’assorbimento della vitamina D ed il conseguente migliore assorbimento di calcio presente nel cibo.
1. Dawson-Hughes B, El-Hajj Fuleihan G, Clark P (2013) Bone care for the postmenopausal woman. In Mitchell PJ, Misteli L (eds) World Osteoporosis Day Thematic Report. International Osteoporosis Foundation, Nyon.
2. Ebeling PR (2014) Osteoporosis in men: Why change needs to happen. In Mitchell PJ (ed) World Osteoporosis Day Thematic Report. International Osteoporosis Foundation, Nyon.
3. Centeno V, de Barboza GD, Marchionatti A, et al. Molecular mechanisms triggered by low-calcium diets. Nutr Res Rev. 2009; 22:163-174.
4. Heaney RP, Dowell MS, Hale CA, Bendich A. Calcium absorption varies within the reference range for serum 25-hydroxyvitamin D. J Am Coll Nutr. 2003; 22:142-146.
5. Priemel M, von Domarus C, Klatte TO, et al. Bone mineralization defects and vitamin D deficiency: histomorphometric analysis of iliac crest bone biopsies and circulating 25-hydroxyvitamin D in 675 patients. J Bone Miner Res. 2010; 25:305-312.
6. Steingrimsdottir L, Gunnarsson O, Indridason OS, et al. Relationship between serum parathyroid hormone levels, vitamin D sufficiency, and calcium intake. JAMA. 2005; 294:2336-2341.
7. Dawson-Hughes B, Harris SS, Krall EA, Dallal GE. Effect of calcium and vitamin D supplementation on bone density in men and women 65 years of age or older. N Engl J Med. 1997; 337:670-676.
8. Bischoff-Ferrari HA, Kiel DP, Dawson-Hughes B, et al. Dietary calcium and serum 25-hydroxyvitamin D status in relation to BMD among U.S. adults. J Bone Miner Res. 2009; 24:935-942.
9. Ceglia L, da Silva Morais M, Park LK, et al. Multi-step immunofluorescent analysis of vitamin D receptor loci and myosin heavy chain isoforms in human skeletal muscle. J Mol Histol. 2010; 41:137-142.
10. Bischoff-Ferrari HA, Dawson-Hughes B, Staehelin HB, et al. Fall prevention with supplemental and active forms of vitamin D: a meta-analysis of randomised controlled trials. BMJ. 2009; 339:b3692.
11. Institute of Medicine. 2011. Dietary Reference Intakes for Calcium and Vitamin D. Washington, DC: The National Academies Press.
https://doi.org/10.17226/13050.
12. Dzik KP, Kaczor JJ. Mechanisms of vitamin D on skeletal muscle function: oxidative stress, energy metabolism and anabolic state. Eur J Appl Physiol. 2019;119(4):825-839.
13. Bischoff-Ferrari HA (2011) Three steps to unbreakable bones: Vitamin D, calcium and exercise. In Stenmark J, Misteli L (eds) World Osteoporosis Day Thematic Report. International Osteoporosis Foundation, Nyon.
L’incidenza dell’osteoporosi e le fratture da fragilità ad essa correlate aumentano con l’aumentare dell’età fino a colpire una donna su tre e un uomo su cinque nell’arco della vita. Dopo la menopausa le donne vanno incontro a una rapida perdita ossea causata dalla mancanza dell’azione protettiva degli estrogeni (1), mentre negli uomini la perdita ossea tende ad accelerare dopo i 70 anni (2).
Sebbene l’osteoporosi colpisca soprattutto gli anziani, i comportamenti e le decisioni prese nel corso della vita possono contribuire notevolmente al rischio che un individuo possa subire una frattura da fragilità. L’osteoporosi può infatti essere prevenuta, diagnosticata e trattata per ridurre il rischio di incorrere in una frattura.
Uno stile di vita sano, una dieta equilibrata ed una regolare attività fisica sono gli elementi essenziali per mantenere uno scheletro sano durante l’età adulta.
I componenti chiave di una dieta sana per l’osso
A tutte le età, il calcio ha un ruolo fondamentale nella salute delle ossa. Il calcio viene assorbito nell’intestino tenue sia passivamente sia da un meccanismo di trasporto attivo che necessita della vitamina D. Oltre alla mineralizzazione dello scheletro, il calcio gioca un ruolo determinante nel funzionamento del sistema nervoso e muscolare.
Un insufficiente apporto di calcio con la dieta si traduce in bassi livelli di calcio nel sangue. Quando ciò si verifica si avvia un meccanismo di compensazione altamente efficace.
I recettori sensibili al calcio (CaSR), situati sulle ghiandole paratiroidi, agiscono come sensori estremamente precisi dei livelli di calcio nel sangue (3).
Quando il calcio nel sangue è troppo basso, viene rilasciato il paratormone (PTH), che aumenta i livelli attraverso diversi meccanismi:
- stimolazione degli osteoclasti per riassorbire l’osso e rilasciare calcio tramite l’azione sugli osteoblasti
- aumento dell’assorbimento del calcio gastrointestinale attivando la vitamina D
- riassorbimento di calcio dai reni
Latte e altri latticini sono le fonti di calcio più prontamente disponibili nella dieta. Altri alimenti sono buone fonti di calcio, come alcuni ortaggi verdi (ad esempio broccoli, cavolo riccio, cavolo cinese), pesce in scatola, frutta secca a guscio e tofu.
Anche alcune acque ricche di sali minerali, ovvero quelle con un residuo fisso molto elevato, possono fornire un prezioso apporto di calcio, che può risultare particolarmente utile specie per le persone intolleranti al lattosio. È quindi importante che coloro che scelgono di ottenere dall’acqua una quota del calcio nella loro dieta conoscano con precisione la quantità di calcio contenuta nell’acqua bevuta.
Non basta integrare il proprio regime alimentare con alimenti ricchi di calcio, bisogna anche adottare alcuni accorgimenti per assimilare meglio questo fondamentale micronutriente ed evitare gli errori che ne provocano la dispersione come la combinazione con alcuni alimenti, il consumo eccessivo di sale e cibi ricchi di sodio e l’assunzione di alcol.
La vitamina D ha un effetto benefico sulla salute delle ossa nel corso della vita, operando attraverso una serie di meccanismi fisiologici:
- facilitare l’assorbimento nell’intestino del calcio assunto con il cibo (4)
- garantire il corretto rinnovamento e la mineralizzazione delle ossa (5)
- ridurre i livelli di PTH in modo da ridurre la perdita ossea indotta dal PTH (6, 7)
- aumentare la densità minerale ossea (BMD) (8)
- stimolare la produzione di tessuto muscolare e ridurre di conseguenza il rischio di cadute (9, 10).
La fonte primaria di vitamina D proviene dall’esposizione al sole, ma l’insufficienza di vitamina D è oggi diventata un problema globale a causa di alcuni fattori come il trascorre la maggior parte del tempo all’interno di ambienti chiusi. Pochissimi alimenti sono naturalmente ricchi di vitamina D, ma esistono alcune discrete fonti come il tuorlo d’uovo ed alcuni pesci grassi. Il fabbisogno giornaliero di vitamina D varia in base all’età ed al sesso di appartenenza ed è compreso tra le 400 unità al giorno in assenza di fattori di rischio e le 1.000 unità al giorno in presenza di fattori di rischio o deficit (11).
I principali fattori che possono influenzare lo stato vitaminico D comprendono l’intensa pigmentazione cutanea, la percentuale di cute esposta al sole, la stagionalità, la latitudine, l’applicazione di filtri solari, il tempo di irradiazione, l’età, l’obesità, l’utilizzo di alcuni trattamenti farmacologici.
Conseguenze della ipovitaminosi D
Da una carenza di vitamina D consegue un anomalo assorbimento del calcio. Le ossa diventano più fragili (osteomalacia) ed il paziente va incontro al rischio di deformazioni scheletriche, problemi alle articolazioni, osteoporosi ed aumentata probabilità di fratture. Nei bambini il deficit di vitamina D può portare allo sviluppo di rachitismo durante la crescita e provocare una ossificazione incompleta con effetti negativi a lungo termine come l’alterazione dei processi di acquisizione del picco di massa ossea e l’aumento del rischio di osteoporosi in età adulta.
Nei giovani adulti e negli anziani la persistenza di uno stato carenziale di vitamina D può invece determinare osteomalacia e contribuire alla patogenesi dell’osteoporosi. Inoltre l’ipovitaminosi D può rappresentare la causa più comune di mancata risposta alla terapia farmacologica dell’osteoporosi. Numerosi contributi scientifici hanno inoltre descritto una diffusa condizione di ipovitaminosi D anche nei pazienti affetti da molte altre patologie tra cui quelle reumatiche, quelle dermatologicamente estese e quelle del sistema immunitario.
Sebbene la vitamina D sia classicamente definita come “vitamina dell’osso”, quindi principalmente coinvolta nell’omeostasi fosfo-calcica e nel metabolismo osseo, essa riveste una funzione importante anche a livello muscolare nella sintesi proteica e nella regolazione della muscolatura scheletrica. Un sintomo clinico comune dell’ipovitaminosi D è la mialgia. Dati recenti riferiscono che la carenza di vitamina D aumenta lo stress ossidativo e altera l'attività degli enzimi antiossidanti nel muscolo scheletrico, portando ad un aumento dei radicali liberi dell’ossigeno (ROS). In generale, la carenza di vitamina D a lungo termine, induce alterazioni del recettore della vitamina D (VDR) a livello muscolare, con generazione di ROS e di conseguenza alterazione della funzione mitocondriale, che a sua volta porta ad atrofia muscolare. In particolare, le disfunzioni della catena respiratoria mitocondriale e la generazione di ROS, sono fattori cruciali in diverse patologie, soprattutto quelle neurodegenerative in cui si osserva l'atrofia muscolare (12).
Ipovitaminosi D: i rimedi
L’esposizione alla luce solare è fondamentale per soddisfare il fabbisogno di vitamina D.
Negli anziani, che escono poco e spesso sono molto coperti, possono essere indicati supplementi di questo ormone. Modeste quantità di vitamina D si trovano nei seguenti alimenti: salmone, sardine, sgombro, tonno, olio di fegato di merluzzo, funghi Shiitake, fegato, tuorlo d’uovo.
Mentre per la carenza di vitamina D non è raccomandato uno screening della popolazione, la misurazione della 25(OH)D nel siero dei soggetti ad alto rischio consente la valutazione della risposta all’assunzione di supplementi di vitamina D e l’eventuale necessità di aggiustamento della dose (13).
Negli ultimi anni, il consumo di vitamina D in Italia è notevolmente aumentato. La spesa è cresciuta dai 24 milioni di euro del 2006 a oltre 208 milioni nel 2016. Nel 2016, il colecalciferolo, che rappresentava l’88% dell’utilizzo di vitamina D, era al 6° posto tra i principi attivi a maggiore spesa, mentre era al 63° posto nel 2012 (Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali. L’uso dei farmaci in Italia. Rapporto Nazionale 2016. Roma: Agenzia Italiana del Farmaco; 2017.).
Nel 2018 una revisione delle linee guida e delle raccomandazioni a livello nazionale e internazionale ha valutato l’appropriatezza dell’aumento del consumo di vitamina D nella popolazione italiana rispetto alle evidenze disponibili. Il gruppo di lavoro è giunto alla conclusione che brevi sessioni di esposizione alla luce solare (~15 minuti 3 volte a settimana) di braccia, viso e collo scoperti sarebbero sufficienti ad assicurare livelli sierici ≥20ng/mL in Paesi alle latitudini del Regno Unito. Laddove i livelli di vitamina D circolante configurino una reale carenza, in pazienti con osteoporosi documentata o con pregresse fratture patologiche e in particolari gruppi a rischio, come gli anziani istituzionalizzati, dovrebbe permanere l’indicazione per la somministrazione del pro-ormone.
Anche praticare una regolare attività fisica è fondamentale per il buon mantenimento della funzione e della struttura ossea. Durante l’infanzia e l’adolescenza l’esercizio fisico aiuta a raggiungere una maggiore densità dell’osso rispetto a chi rimane inattivo. Nelle persone anziane mantenersi in movimento durante la giornata, naturalmente in base allo stato fisico ed alle singole possibilità, apporta benefici sia da un punto di vista metabolico che funzionale, permettendo di controllare il peso e la massa muscolare e diminuendo i rischi di cadute e fratture. Si possono praticare semplici attività all’aria aperta come passeggiate, consentendo così all’organismo di esporsi al sole per favorire l’assorbimento della vitamina D ed il conseguente migliore assorbimento di calcio presente nel cibo.
1. Dawson-Hughes B, El-Hajj Fuleihan G, Clark P (2013) Bone care for the postmenopausal woman. In Mitchell PJ, Misteli L (eds) World Osteoporosis Day Thematic Report. International Osteoporosis Foundation, Nyon.
2. Ebeling PR (2014) Osteoporosis in men: Why change needs to happen. In Mitchell PJ (ed) World Osteoporosis Day Thematic Report. International Osteoporosis Foundation, Nyon.
3. Centeno V, de Barboza GD, Marchionatti A, et al. Molecular mechanisms triggered by low-calcium diets. Nutr Res Rev. 2009; 22:163-174.
4. Heaney RP, Dowell MS, Hale CA, Bendich A. Calcium absorption varies within the reference range for serum 25-hydroxyvitamin D. J Am Coll Nutr. 2003; 22:142-146.
5. Priemel M, von Domarus C, Klatte TO, et al. Bone mineralization defects and vitamin D deficiency: histomorphometric analysis of iliac crest bone biopsies and circulating 25-hydroxyvitamin D in 675 patients. J Bone Miner Res. 2010; 25:305-312.
6. Steingrimsdottir L, Gunnarsson O, Indridason OS, et al. Relationship between serum parathyroid hormone levels, vitamin D sufficiency, and calcium intake. JAMA. 2005; 294:2336-2341.
7. Dawson-Hughes B, Harris SS, Krall EA, Dallal GE. Effect of calcium and vitamin D supplementation on bone density in men and women 65 years of age or older. N Engl J Med. 1997; 337:670-676.
8. Bischoff-Ferrari HA, Kiel DP, Dawson-Hughes B, et al. Dietary calcium and serum 25-hydroxyvitamin D status in relation to BMD among U.S. adults. J Bone Miner Res. 2009; 24:935-942.
9. Ceglia L, da Silva Morais M, Park LK, et al. Multi-step immunofluorescent analysis of vitamin D receptor loci and myosin heavy chain isoforms in human skeletal muscle. J Mol Histol. 2010; 41:137-142.
10. Bischoff-Ferrari HA, Dawson-Hughes B, Staehelin HB, et al. Fall prevention with supplemental and active forms of vitamin D: a meta-analysis of randomised controlled trials. BMJ. 2009; 339:b3692.
11. Institute of Medicine. 2011. Dietary Reference Intakes for Calcium and Vitamin D. Washington, DC: The National Academies Press.
https://doi.org/10.17226/13050.
12. Dzik KP, Kaczor JJ. Mechanisms of vitamin D on skeletal muscle function: oxidative stress, energy metabolism and anabolic state. Eur J Appl Physiol. 2019;119(4):825-839.
13. Bischoff-Ferrari HA (2011) Three steps to unbreakable bones: Vitamin D, calcium and exercise. In Stenmark J, Misteli L (eds) World Osteoporosis Day Thematic Report. International Osteoporosis Foundation, Nyon.
Ultimo aggiornamento: 23 Settembre 2022