Team internazionale di ricerca guidato da Padova individua ruolo del fegato nelle microtrombosi letali
La prima ondata pandemica dell'infezione da SARS-CoV-2 aveva colto impreparati i sistemi sanitari occidentali, causando un numero elevato di pazienti gravemente malati con una mortalità rilevante in tutto il mondo, superando i 7 milioni di morti, congiuntamente ad un enorme disagio sociale ed economico.
Uno studio (1), coordinato dall’Università di Padova e condotto da un team interdisciplinare di ricercatori delle Università di Yale (USA) e di Birmingham (UK), dalle ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, Bergamo Est Seriate e Fatebenefratelli Sacco di Milano, avvalendosi di un'ampia serie di materiali autoptici, ha fatto luce sui meccanismi della microtrombosi e sulla rilevanza della patologia epatica nelle forme letali di COVID-19.
“Nei polmoni dei pazienti con microtrombosi della vena porta abbiamo osservato dilatazioni del letto arterioso intrapolmonare, che peggioravano l'ossigenazione del paziente e aggravavano l'insufficienza respiratoria, responsabile di una morte più tardiva” spiega Luca Fabris, docente del Dipartimento di Medicina dell'Università di Padova e del Liver Center dell'Università di Yale, corresponding author del lavoro.
“A livello cellulare, il nostro studio ha dimostrato che la microtrombosi della vena porta è sostenuta da una risposta pro-coagulante indotta dall'infezione da SARS-CoV-2 che colpisce un tipo di cellula vascolare ancora molto trascurato, chiamato pericita, situato all’esterno del vaso, dove forma una guaina di rivestimento attorno all’endotelio, lo strato di cellule che è invece a diretto contatto con il flusso sanguigno – sottolinea Paolo Simioni, direttore del dipartimento di Medicina dell’Università di Padova e della Clinica Medica 1 dell’Azienda Ospedale/Università di Padova, co-autore senior dello studio -. Questo tipo di cellula, una volta infettata, attiva la secrezione vascolare di mediatori della coagulazione, tra cui il Fattore Tissutale e il Fattore di von Willebrand, responsabili da un lato dello stato di ipercoagulabilità locale con conseguente trombosi, e dall'altro della dilatazione delle piccole arterie polmonari con conseguente riduzione della saturazione di ossigeno nel sangue arterioso”.
“Va aggiunto che l'infezione dei periciti epatici da parte di SARS-CoV-2, pur non essendo produttiva, cioè non rilasciando particelle virali infettanti – afferma Cristina Parolin, del dipartimento di Medicina Molecolare dell'Università di Padova - ha stimolato una serie di funzioni secretorie da parte dei periciti che sono risultate rilevanti per le alterazioni emodinamiche della circolazione epato-polmonare”.
Uno dei primi e più importanti focolai in Europa si era sviluppato proprio in Lombardia: in particolare, nella provincia di Bergamo più di 70.000 persone erano decedute per COVID-19 in soli 4 mesi, da febbraio a maggio 2020, e l’ingente quantità di pazienti che necessitavano di cure ospedaliere e terapie intensive aveva paralizzato il sistema sanitario. Sebbene la causa principale della mortalità da COVID-19 fosse stata attribuita all'insufficienza respiratoria ipossica da sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), erano segnalate trombosi dei piccoli vasi (microtrombosi) associate a grave compromissione funzionale in più organi oltre al polmone, come cuore e rene. La microtrombosi è stata osservata anche nel fegato, e seppur il coinvolgimento epatico fosse spesso presente nei pazienti affetti da COVID-19, il significato di queste alterazioni rimaneva incerto.
“Nell’area di Bergamo, il COVID-19 è stato una tragedia senza precedenti negli ultimi tempi. Il virus ci ha colti di sorpresa e nessuno sapeva come trattarlo o quali danni potesse provocare - commenta Aurelio Sonzogni, responsabile del reparto di Patologia dell'ASST Bergamo Est Seriate -. Nonostante la carenza di personale dovuta alle infezioni del personale sanitario e agli estenuanti turni di lavoro, abbiamo deciso di eseguire l'autopsia dei pazienti deceduti da COVID-19 come approccio per ottenere maggiori informazioni sul tipo di danno indotto dall'infezione da SARS-CoV-2 nei diversi organi. Questo è stato un passo fondamentale per svelare come la trombosi dei piccoli vasi fosse una delle lesioni più significative nelle forme letali di COVID-19”.
“Il valore traslazionale di questo studio è molto forte - sottolinea Massimiliano Cadamuro, professore all'Università di Milano-Bicocca e all’epoca dello studio docente all’Università di Padova, e primo autore del lavoro -. Combinare la definizione dei meccanismi molecolari di una malattia con le informazioni cliniche (istologia, radiologia, dati di laboratorio) grazie a un'integrazione finemente calibrata di diverse competenze che attraversano più aree specialistiche, ovvero medicina interna, patologia, radiologia, microbiologia e biologia cellulare, è la chiave per affrontare i problemi che la medicina moderna ogni giorno ci pone”.
“Questo lavoro rappresenta una storia affascinante per quanto concerne il ruolo del fegato nelle malattie acute e nelle condizioni di insufficienza multiorgano. Siamo certi che la rilevanza di questo meccanismo fisiopatologico vada ben oltre il COVID-19, argomento che stiamo affrontando grazie ad un finanziamento ottenuto dal Ministero della Salute” conclude Paolo Simioni.
Lo studio è stato supportato dal progetto Ricerca Finalizzata RF-2021-12374493 del Ministero della Salute italiano e dal progetto European Virus Archive goes Global (EVAg) che ha ricevuto un finanziamento dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell'Unione Europea con grant agreement No 653316.
1. Cadamuro M, Lasagni A, Radu CM, et al. Procoagulant phenotype of virus-infected pericytes is associated with portal thrombosis and intrapulmonary vascular dilations in fatal COVID-19. J Hepatol. 2024 Jun 20:S0168-8278(24)02320-1. doi: 10.1016/j.jhep.2024.06.014. Online ahead of print.
Ultimo aggiornamento: 24 Luglio 2024
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