Obesità, in Italia 6 milioni di pazienti per un’emergenza...

Nonostante l’85% degli italiani la consideri una vera e...

Obesità, in Italia 6 milioni di pazienti per un’emergenza socio-sanitaria non riconosciuta

Nonostante l’85% degli italiani la consideri una vera e propria condizione patologica e non semplicemente la conseguenza di alimentazione e stili di vita scorretti per l’obesità non esiste ancora un riconoscimento ufficiale. Necessaria la costruzione di un’alleanza tra scienza e Istituzioni per un piano d’azione strategico

Obesità, in Italia 6 milioni di pazienti per un’emergenza socio-sanitaria non riconosciutaL’85% degli italiani considera l’obesità una patologia complessa, associata a molteplici cause (genetiche, endocrino-metaboliche, ambientali, comportamentali) e non semplicemente una conseguenza di alimentazione e stili di vita scorretti. Il 73% la ritiene una delle malattie più diffuse e una delle principali cause di mortalità. Circa la metà degli italiani (49%) è consapevole che l’obesità è una malattia cronica e un fattore di rischio per altre patologie, meno di un terzo (29%) la reputa conseguenza di cattive abitudini e solo il 4% un mero problema estetico. Sono alcuni dei dati che emergono dal documento “Obesità in Italia. Percezioni, costi e sfide per il futuro” realizzato da IPSOS, I-COM e Università del Piemonte Orientale con il contributo di Lilly. L’obiettivo è quello di approfondire l’impatto socio-sanitario ed economico dell’obesità in Italia, l’evoluzione normativa nazionale sul tema e fotografare la percezione da parte dei cittadini e delle Istituzioni di questa patologia per definire raccomandazioni volte al suo contrasto.

L’obesità è, infatti, una delle principali sfide sanitarie globali con tassi di crescita e impatti tanto allarmanti da portare l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a coniare il termine “globesity”. Il fenomeno è in sensibile aumento e riguarda più dell’11% della popolazione, mentre il 33% dei cittadini risulta in sovrappeso. Si tratta di un problema sociale e sanitario in rapida e costante crescita, specie nei Paesi a medio-alto reddito. Nel mondo un miliardo di persone convive con l’obesità e le proiezioni ipotizzano che nel 2035 metà della popolazione mondiale ne sarà affetta.

In Europa, secondo il report OMS 2022, più di un individuo adulto su 2 e più di un bambino su 3 convivono con sovrappeso/obesità. Almeno 2,8 milioni di adulti muoiono ogni anno a causa di questa patologia e delle sue conseguenze, senza contare che essa è causa di morte prematura e collegata ad almeno 200 complicanze tra cui diabete di tipo 2, tumori, ipertensione, dislipidemia, malattia coronarica e apnee ostruttive. Comparati a soggetti normopeso, gli individui con obesità hanno 12 volte il rischio di sviluppare quattro o più malattie correlate.

Nonostante questi dati, per molto tempo l’obesità non è stata riconosciuta come una patologia prioritaria nelle agende politiche.

Negli anni si sono consolidate due visioni opposte nell’opinione pubblica riguardo l’obesità: l’una orientata a ritenerla esclusiva responsabilità dell’individuo, l’altra a riconoscerla come vera e propria malattia meritevole di cure e servizi. Il prevalere della prima ha prodotto stereotipi che hanno minato il riconoscimento della malattia come reale stato patologico, alimentando stigma ed autostigma: infatti, nel 74% delle persone che si definiscono obese prevale la percezione di non riuscire a controllare l’appetito, mentre il 66% di esse si addossa la responsabilità personale dell’eccesso di grasso.

È urgente riconoscere l’obesità come malattia cronica che richiede non solo attenzione clinica particolare, ma un intervento coordinato e integrato a livello nazionale, che vada oltre l’approccio preventivo.

La consapevolezza dell’obesità come patologia è unanime anche tra le Istituzioni, che esprimono forte consenso per possibili investimenti mirati in prevenzione, sensibilizzazione e cura, che potrebbero ridurne l’incidenza, con un impatto positivo sulla spesa pubblica attraverso la riduzione di costi diretti e indiretti ad essa associati. Si stima, infatti, che ridurre il tasso di obesità del solo 5% porterebbe ad una riduzione annuale del 5,2% nei costi economici globali tra il 2020 e il 2060.

“L’obesità in termini di impatto clinico e spesa medica per il trattamento, rappresenta una sfida che se non affrontata finirà per condizionare le generazioni future con importanti ricadute negative sulla società e sul servizio sanitario nazionale – sottolinea Umberto Agrimi, Direttore del Dipartimento Sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria dell'Istituto Superiore di Sanità – si prevede che l’impatto economico dell’obesità raggiungerà in media l’8,4% della spesa sanitaria totale nei paesi OCSE nel 2050. I costi sanitari diretti dell’obesità, secondo l’European Health Interview Survey (EHIS), si attestano tra il 2,4% e il 4,8% della spesa sanitaria complessiva nei Paesi ad alto reddito. In Italia i costi totali ammontano a 13,34 miliardi di euro nel 2020 (0,8% del PIL) di cui 59% di costi sanitari diretti e 41% di costi indiretti, con un contributo simile imputabile ad assenteismo/presenteismo e conseguente perdita di produttività. Il costo medio dei farmaci per le persone in sovrappeso o obese rispettivamente è da 2 a 2,5 volte superiore al costo sostenuto per le persone normopeso. Il costo medio annuo di una persona con obesità ammonta a 1.166.52 euro. L’obesità ha quindi un peso economico significativo e comporta un aumentato ricorso a beni e servizi sanitari; inoltre, l’obesità comporta un pesante costo individuale in termini di deterioramento della qualità di vita”.

L’indagine rileva che il 72% degli italiani attribuisce un grado di responsabilità alle Istituzioni per il vuoto legislativo presente e il 42% riconosce responsabilità imputabili anche ai medici. Occorre una strategia nazionale coraggiosa e integrata che consideri l’obesità una priorità.

 

Lo scenario normativo

Nel 2020 la Commissione ENVI del Parlamento UE ha previsto l’inclusione dell’obesità nella lista delle malattie croniche che caratterizzano stati di particolare vulnerabilità. Nel 2021 la Commissione Europea ha pubblicato un documento in cui l’obesità viene definita come malattia cronica recidivante, che a sua volta rappresenta un fattore di rischio rispetto ad altre severe patologie non trasmissibili.

Mentre la comunità internazionale richiamava all’urgenza di riconoscere l’obesità come patologia, in Italia veniva rafforzato il quadro di tutele prioritariamente incentrato su politiche di prevenzione e promozione di stili di vita sani, approccio definito come “paradigma di parzialità strategica” che esprime interventi su un aspetto necessario ma solo parzialmente sufficiente per contrastare il fenomeno dell’obesità.

In Italia, nel 2019 è stata approvata all’unanimità la cosiddetta Mozione Pella, un primo traguardo che ancora non si è tradotto in un riconoscimento formale, né in azioni programmatiche. Nel Piano Nazionale Cronicità, l’obesità non è tra le patologie prioritarie identificate ma è menzionata quale fattore di rischio intermedio di altre cronicità. Il 27 luglio 2022 sono state approvate in Conferenza Stato-Regioni le Linee di indirizzo per la prevenzione e il contrasto del sovrappeso e dell’obesità.

L’attuale scenario, in assenza di una direttiva nazionale, appare molto frammentato a livello delle singole Regioni ma oggi il dibattito politico sta subendo un’inversione positiva con un Parlamento che pare rivolgere un’inedita attenzione per un paradigma più strategico di contrasto all’obesità.

Scopri i traguardi raggiunti e le sfide di policy scaricando il documento completo a questo link

Obesità, in Italia 6 milioni di pazienti per un’emergenza socio-sanitaria non riconosciutaL’85% degli italiani considera l’obesità una patologia complessa, associata a molteplici cause (genetiche, endocrino-metaboliche, ambientali, comportamentali) e non semplicemente una conseguenza di alimentazione e stili di vita scorretti. Il 73% la ritiene una delle malattie più diffuse e una delle principali cause di mortalità. Circa la metà degli italiani (49%) è consapevole che l’obesità è una malattia cronica e un fattore di rischio per altre patologie, meno di un terzo (29%) la reputa conseguenza di cattive abitudini e solo il 4% un mero problema estetico. Sono alcuni dei dati che emergono dal documento “Obesità in Italia. Percezioni, costi e sfide per il futuro” realizzato da IPSOS, I-COM e Università del Piemonte Orientale con il contributo di Lilly. L’obiettivo è quello di approfondire l’impatto socio-sanitario ed economico dell’obesità in Italia, l’evoluzione normativa nazionale sul tema e fotografare la percezione da parte dei cittadini e delle Istituzioni di questa patologia per definire raccomandazioni volte al suo contrasto.

L’obesità è, infatti, una delle principali sfide sanitarie globali con tassi di crescita e impatti tanto allarmanti da portare l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a coniare il termine “globesity”. Il fenomeno è in sensibile aumento e riguarda più dell’11% della popolazione, mentre il 33% dei cittadini risulta in sovrappeso. Si tratta di un problema sociale e sanitario in rapida e costante crescita, specie nei Paesi a medio-alto reddito. Nel mondo un miliardo di persone convive con l’obesità e le proiezioni ipotizzano che nel 2035 metà della popolazione mondiale ne sarà affetta.

In Europa, secondo il report OMS 2022, più di un individuo adulto su 2 e più di un bambino su 3 convivono con sovrappeso/obesità. Almeno 2,8 milioni di adulti muoiono ogni anno a causa di questa patologia e delle sue conseguenze, senza contare che essa è causa di morte prematura e collegata ad almeno 200 complicanze tra cui diabete di tipo 2, tumori, ipertensione, dislipidemia, malattia coronarica e apnee ostruttive. Comparati a soggetti normopeso, gli individui con obesità hanno 12 volte il rischio di sviluppare quattro o più malattie correlate.

Nonostante questi dati, per molto tempo l’obesità non è stata riconosciuta come una patologia prioritaria nelle agende politiche.

Negli anni si sono consolidate due visioni opposte nell’opinione pubblica riguardo l’obesità: l’una orientata a ritenerla esclusiva responsabilità dell’individuo, l’altra a riconoscerla come vera e propria malattia meritevole di cure e servizi. Il prevalere della prima ha prodotto stereotipi che hanno minato il riconoscimento della malattia come reale stato patologico, alimentando stigma ed autostigma: infatti, nel 74% delle persone che si definiscono obese prevale la percezione di non riuscire a controllare l’appetito, mentre il 66% di esse si addossa la responsabilità personale dell’eccesso di grasso.

È urgente riconoscere l’obesità come malattia cronica che richiede non solo attenzione clinica particolare, ma un intervento coordinato e integrato a livello nazionale, che vada oltre l’approccio preventivo.

La consapevolezza dell’obesità come patologia è unanime anche tra le Istituzioni, che esprimono forte consenso per possibili investimenti mirati in prevenzione, sensibilizzazione e cura, che potrebbero ridurne l’incidenza, con un impatto positivo sulla spesa pubblica attraverso la riduzione di costi diretti e indiretti ad essa associati. Si stima, infatti, che ridurre il tasso di obesità del solo 5% porterebbe ad una riduzione annuale del 5,2% nei costi economici globali tra il 2020 e il 2060.

“L’obesità in termini di impatto clinico e spesa medica per il trattamento, rappresenta una sfida che se non affrontata finirà per condizionare le generazioni future con importanti ricadute negative sulla società e sul servizio sanitario nazionale – sottolinea Umberto Agrimi, Direttore del Dipartimento Sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria dell'Istituto Superiore di Sanità – si prevede che l’impatto economico dell’obesità raggiungerà in media l’8,4% della spesa sanitaria totale nei paesi OCSE nel 2050. I costi sanitari diretti dell’obesità, secondo l’European Health Interview Survey (EHIS), si attestano tra il 2,4% e il 4,8% della spesa sanitaria complessiva nei Paesi ad alto reddito. In Italia i costi totali ammontano a 13,34 miliardi di euro nel 2020 (0,8% del PIL) di cui 59% di costi sanitari diretti e 41% di costi indiretti, con un contributo simile imputabile ad assenteismo/presenteismo e conseguente perdita di produttività. Il costo medio dei farmaci per le persone in sovrappeso o obese rispettivamente è da 2 a 2,5 volte superiore al costo sostenuto per le persone normopeso. Il costo medio annuo di una persona con obesità ammonta a 1.166.52 euro. L’obesità ha quindi un peso economico significativo e comporta un aumentato ricorso a beni e servizi sanitari; inoltre, l’obesità comporta un pesante costo individuale in termini di deterioramento della qualità di vita”.

L’indagine rileva che il 72% degli italiani attribuisce un grado di responsabilità alle Istituzioni per il vuoto legislativo presente e il 42% riconosce responsabilità imputabili anche ai medici. Occorre una strategia nazionale coraggiosa e integrata che consideri l’obesità una priorità.

 

Lo scenario normativo

Nel 2020 la Commissione ENVI del Parlamento UE ha previsto l’inclusione dell’obesità nella lista delle malattie croniche che caratterizzano stati di particolare vulnerabilità. Nel 2021 la Commissione Europea ha pubblicato un documento in cui l’obesità viene definita come malattia cronica recidivante, che a sua volta rappresenta un fattore di rischio rispetto ad altre severe patologie non trasmissibili.

Mentre la comunità internazionale richiamava all’urgenza di riconoscere l’obesità come patologia, in Italia veniva rafforzato il quadro di tutele prioritariamente incentrato su politiche di prevenzione e promozione di stili di vita sani, approccio definito come “paradigma di parzialità strategica” che esprime interventi su un aspetto necessario ma solo parzialmente sufficiente per contrastare il fenomeno dell’obesità.

In Italia, nel 2019 è stata approvata all’unanimità la cosiddetta Mozione Pella, un primo traguardo che ancora non si è tradotto in un riconoscimento formale, né in azioni programmatiche. Nel Piano Nazionale Cronicità, l’obesità non è tra le patologie prioritarie identificate ma è menzionata quale fattore di rischio intermedio di altre cronicità. Il 27 luglio 2022 sono state approvate in Conferenza Stato-Regioni le Linee di indirizzo per la prevenzione e il contrasto del sovrappeso e dell’obesità.

L’attuale scenario, in assenza di una direttiva nazionale, appare molto frammentato a livello delle singole Regioni ma oggi il dibattito politico sta subendo un’inversione positiva con un Parlamento che pare rivolgere un’inedita attenzione per un paradigma più strategico di contrasto all’obesità.

Scopri i traguardi raggiunti e le sfide di policy scaricando il documento completo a questo link


Ultimo aggiornamento: 24 Luglio 2024

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