Un lavoro recente mostra che nei pazienti immunocompromessi trattati con anticorpi monoclonali si può sviluppare una risposta anti-infiammatoria specifica che facilita lo sviluppo di mutazioni evasive della proteina spike
Questo è emerso dallo studio (1) condotto nell’ambito della collaborazione tra l’università di Verona e quella di Anversa all’interno del progetto europeo Orchestra (Connecting european cohorts to increase common and effective response to SARS-CoV-2 pandemic), coordinato dall’ateneo scaligero e finanziato con fondi europei del programma Horizon 2020.
Nello studio clinico guidato da Evelina Tacconelli, direttrice della sezione di Malattie Infettive dell’Università di Verona e coordinatrice del progetto Orchestra, sono stati studiati pazienti ad alto rischio di sviluppo di COVID-19 severo che hanno ricevuto una terapia con anticorpi monoclonali (mAbs). L’analisi delle varianti virali, eseguita nel laboratorio di Microbiologia medica dell’Università di Anversa, mostra come nell’8% circa dei pazienti trattati con mAbs il virus SARS-CoV-2 sviluppa mutazioni evasive della proteina spike con notevole velocità. Mentre la maggior parte dei pazienti eliminano il virus nel tempo, i pazienti immunocompromessi hanno una carica virale significativamente più alta per periodi più lunghi e una probabilità 3 volte maggiore che il virus sviluppi mutazioni evasive della proteina spike.
Gli autori dello studio hanno quindi sviluppato un algoritmo in grado di predire con il 96% di precisione in quali pazienti è più alto il rischio di mutazioni evasive alla terapia con monoclonali usando una combinazione di esami immunologici, misurati nel sangue del paziente prima dell’inizio della terapia con mAbs.
“Lo studio fornisce dati innovativi utili nella selezione di pazienti ad alto rischio per trattamenti precoci”, spiega Evelina Tacconelli, “e ci permette di mantenere alta l’efficacia dei monoclonali utilizzandoli solo nei pazienti che ne possono avere un beneficio. Riteniamo che l’utilizzo di monoclonali sulla base delle varianti circolanti e della corretta selezione dei pazienti da trattare riduce non solo la mortalità da COVID-19 ma anche il rischio di Long- Covid”.
“È stato interessante scoprire che nello sviluppo delle mutazioni evasive, non contano solo la capacità neutralizzante dei monoclonali e il sistema immunitario del paziente, ma anche l’intero processo di guarigione”, prosegue Samir Kumar-Singh, co-autore dello studio e direttore del gruppo di Patologia molecolare nel laboratorio di Biologia cellulare e Istologia dell’università di Anversa, che ha supervisionato gli studi della risposta dell’ospite.
L’algoritmo sviluppato potrà aiutare nel prendere decisioni a livello del singolo paziente per ridurre il rischio di fallimento del trattamento con mAbs, permettendo ai pazienti di ricevere altre opzioni terapeutiche, come ad esempio gli antivirali orali. L’applicazione dell’algoritmo potrà inoltre migliorare le strategie di riduzione del rischio, diminuendo la possibile circolazione di mutazioni evasive di SARS-CoV-2, specialmente tra contatti stretti ad alto rischio dei pazienti con COVID-19.
1. Gupta A, Konnova A, Smet M, et al. Host immunological responses facilitate development of SARS-CoV-2 mutations in patients receiving monoclonal antibody treatments. J Clin Invest. 2023 Feb 9;e166032. doi: 10.1172/JCI166032. Online ahead of print.
Ultimo aggiornamento: 12 Gennaio 2024
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